Categoria: Monumenti e palazzi

castel dell'ovo

Castel dell’ Ovo

Sull’antico Isolotto di Megaride sorge imponente il Castel dell’Ovo. Una delle più fantasiose leggende napoletane farebbe risalire il suo nome all’uovo che Virgilio avrebbe nascosto all’interno di una gabbia nei sotterranei del castello. Il luogo ove era conservato l’uovo, fu chiuso da pesanti serrature e tenuto segreto poiché da “quell’ovo pendevano tutti li facti e la fortuna dil Castel Marino”. Da quel momento il destino del Castello, unitamente a quello dell’intera città di Napoli, è stato legato a quello dell’uovo. Le cronache riportano che, al tempo della regina Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa del crollo dell’arcone che unisce i due scogli sul quale esso è costruito e la Regina fu costretta a dichiarare solennemente di aver provveduto a sostituire l’uovo per evitare che in città si diffondesse il panico per timore di nuove e più gravi sciagure.

Il Castel dell’Ovo sorge sull’isolotto di Megaride, costituito da due scogli uniti tra di loro da un grande arcone. Su questo isolotto sbarcarono i Cumani (di origine greco-euboica) a metà VII secolo a.C. per poi fondare sul retrostante Monte Echia la città (o, quanto meno, un organizzato centro abitato) di Partenope, di cui nel 1949 è stata scoperta la necropoli in Via Nicotera 10, mentre si stavano scavando le fondazioni per la costruzione di un edificio che ha sostituito un altro distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra.Sull’isolotto e sul Monte Echia, nel I secolo a.C., durante la dominazione romana, fu costruita la celebre villa di Lucio Licinio Lucullo, che, probabilmente, si estendeva con giardini e fontane fino all’attuale Piazza Municipio, come sembra dimostrare una struttura riportata alla luce dai recenti scavi sotto Castelnuovo.Della ricordata villa rimangono i rocchi delle colonne nella cosiddetta “Sala delle Colonne” che, durante l’alto Medio Evo, fu adibita a refettorio di uno dei conventi che furono costruiti sull’isolotto e i resti di un ninfeo sulla terrazza di Monte Echia

Certosa di Pozzo dei Goti

Sulla strada che correndo alle pendici dei monti Lattari congiunge Angri con S. Antonio Abate, alle fine del Trecento fu istituita dai monaci della certosa di S. Giacomo di Capri, una grancia, vale a dire una fattoria per lo sfruttamento delle proprietà terriere che il monastero possedeva in zona.
Il grande complesso, alienato nel 1806 e passato ad un privato, si presenta oggi in una veste complessivamente settecentesca ma con pesanti deturpazioni dovute all’uso, ai danni bellici e del sisma del 1980.
L’impianto grossomodo rettangolare presenta le quattro ali con numerosi superfetazioni e modifiche mentre l’aspetto settecentesco originario si può cogliere nell’alzato dell’ala centrale con una scala aperta fortemente caratterizzata con una loggia che continua nel corpo di sinistra, cui corrisponde, a pendant, un’esedra con finte colonne addossate, su cui si affacciano depositi.
Da notare inoltre, l’oratorio e il refettorio, che presentano una decorazione neoclassica databile al primo Ottocento. L’edificio costituisce un raro esempio di masseria architettonicamente curata.

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